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I diritti primari nel terzo mondo garantiti dalla solidarietá.

  • Immagine del redattore: Li majo libri
    Li majo libri
  • 4 giu 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

“Mi hanno trovato nelle fogne con il corpo mangiato dai topi e ricoperto di vermi. Questa associazione mi ha salvato la vita” si presenta cosí Lucy, una ragazza poco più che ventenne keniota nata e cresciuta in una baraccopoli vicino il centro di Nairobi. 

Guardando i suoi occhi mentre parla dell’associazione "Africa sì" é inevitabile non notare la sua gratitudine e la sua riconoscenza verso persone che hanno avuto il coraggio di avvicinarsi a lei nel momento peggiore, al contrario di tutte le persone che hanno sempre vissuto con lei in quella baraccopoli di periferia.

Lucy senza autocommiserazione o vittimismo sottolinea il fatto che nonostante abbia fatto grandissimi progressi nel corso della sua vita, senza mai voltare le spalle alla sua realtà d’origine, la sua storia passata rappresenta la realtà del ’80% della popolazione mondiale meno fortunata che non ha diritti e beni di prima necessita, privilegi che noi senza accorgercene diamo per scontati, come ad esempio il diritto alla casa o all’ istruzione.

Nonostante tutto però parlare di questa grandissima fetta del nostro pianeta riferendoci ad essa come piccola parte di questo corpo enorme che noi chiamiamo terra come ‘meno fortunata’ é un errore abbastanza grave che facciamo molto spesso, senza riflettere sul fatto che siamo noi la piccola parte che sta bene.

A una delle domande più generiche in assoluto ovvero “com’é cambiata la tua vita dopo l’intervento dei volontari  di Africa si?” Lucy illumina la sua risposta con un grande senso morale, poco scontato, rispondendo semplicemente “in meglio chiaramente ,prima del loro aiuto non avevo nessun tipo di diritto, non ero una persona, loro mi hanno ridato i diritti che a me erano stati negati”. 

Trovata 15 anni fa in fin di vita, Lucy adesso frequenta l’università di Nairobi per diventare insegnante. Le sue intenzioni, a dir poco ammirevoli sono infatti quelle di rimboccarsi le maniche e rimanere dove sono le sue radici per cambiare le cose cercando di istruire il più possibile le nuove generazioni. Le sua determinazione é mossa principalmente dal fatto che nel suo paese il governo sembra voler fare di tutto affinché succeda il contrario, ovvero non scolarizzare la massa per lasciare i cittadini nell’ignoranza per modellarli a suo piacimento.

Infine a mal in cuore spiega che nella società di cui stiamo parlando e tutte quelle a essa parallele l’economia verte intorno alla corruzione delle classi dirigenti e non investe sulla formazione dei giovani, che potrebbe rappresentare un vincolo per questa istituzione organizzata, che potremmo paragonare alla mafia. Lucy in qualche modo, pur avendo una vita come quella della maggior parte della popolazione mondiale, perciò poco agiata, rappresenta ugualmente un eccezione, frequentando l’università, smentendo cosí il destino quasi sicuro che un ragazzo possa avere in un paese come il Kenya caratterizzata da prostituzione a cui sono inevitabilmente avviate le ragazze, o di spaccio e criminalità per i ragazzi. 

Facendo un esempio agghiacciante, Lucy cerca di far immedesimare un ipotetica persona appartenete alla nostra società nelle situazioni quotidiane che si vivono in una baraccopoli: bambine di 12 anni che affrontano la terza gravidanza in condizioni invivibili; bambini consapevoli di avere mamme che per portare qualcosa da mangiare si prostituiscono e così via. “Ogni notte li non si ha la certezza di risvegliarsi dentro ‘casa’, perché molto spesso le baracche vengono incendiate o buttate a terra, com’è successo sei mesi fa il giorno dopo le elezioni... tuttavia però, dopo eventi di questo tipo la difficoltà piu grande, non è tanto rimettere in piedi la propria vita assieme alla casa ma bensì riconoscere i tuoi compagni affranti” dice Lucy. 

Tra le tante cose interessanti di cui parla quella che fa più breccia di tutte nei cuori, però, è la descrizione delle emozioni provate quando per la prima volta nella sua vita si è trovata in una realtà diversa da quella della baraccopoli; non l’è servito andare tanto lontano per destabilizzarsi, infatti la prima volta che le è capitato di vedere un ambiente il più simile possibile a quello da noi conosciuto è stato quando è andata per la prima volta a scuola, dove ha avuto un mancamento per la caoticità del ambiente. Diciamo che oggi questa sua debolezza l’ha superata brillantemente dal momento che pochi giorni fa ha preso un aereo percorrendo 5.322 km. 

Lucy oggi in qualche modo si sente tra le persone più fortunate del mondo per quello che ha ottenuto, ci sono tante cose che ancora deve fare ma i passi piú grandi li ha già compiuti ottenendo un po’ di libertà. 


di Francesca Restivo.

 
 
 

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