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Il mistero della coscienza: tra tecnologia e futuro

Siamo coscienti? Che significa esserlo? E cos’è la coscienza?

Si è parlato di coscienza, tema sempre interessante e ancora misterioso lo scorso aprile presso il teatro Piccolo Eliseo di Roma; protagonista dell’incontro il neuroscienziato italiano da tempo emigrato negli Stati Uniti, Martin Monti.


Molti scienziati hanno parlato di coscienza. George Armitage Miller, padre della psicologia cognitiva, negli anni ’70 parlò per la prima volta del concetto di coscienza in ambito psicologico.


Negli anni ’90 Aaron Sloman, filosofo e ricercatore, affermò che il concetto di coscienza deve essere abolito. In effetti cos'è la coscienza? Per Giulio Tononi, collega del professore Monti, la coscienza sparisce la sera quando si va a dormire e ritorna quando ci si sveglia o se si ha un’esperienza onirica: la coscienza è tutto ciò che abbiamo perché basta perderla e tutto svanisce.


In ambito clinico, la coscienza è fatta di due fasi: veglia e consapevolezza. La veglia può essere assente o presente a seconda se gli occhi sono chiusi o aperti; la consapevolezza è la percezione e la cognizione del mondo esterno, di quello che siamo e di quello che succede al di fuori di noi.


Una persona con gli occhi aperti e consapevole è sveglia; allo stato opposto, se veglia e consapevolezza sono assenti, il paziente è in coma. Tra i due estremi ci sono altri stati: l’anestesia generale, che dal punto di vista cerebrale è simile al coma anche se la condizione è indotta quindi reversibile, e il sonno, profondo o leggero, dove veglia e consapevolezza sono quiescenti e vanno di pari passo.

Tuttavia, ci sono due eccezioni: il sonno REM e lo stato vegetativo. Nella fase REM, quindi quando si vive un’esperienza onirica, la veglia è assente ma è presente invece la consapevolezza, diversa tuttavia da quando si è svegli poiché leggermente deformata. L’esatto opposto della fase REM è lo stato vegetativo, cioè uno stato di veglia in assenza di consapevolezza.


Ma come si fa a capire se si è coscienti?

Per prima cosa lo si chiede al paziente, secondo il principio di coscienza rilevata. In seguito si chiede di seguire un oggetto con gli occhi. Tuttavia è un riflesso automatico che richiede l’uso di pochi neuroni per cui si passa alla fase successiva: chiedere al paziente di pensare a qualcosa. Per esempio, se si chiede al paziente di pensare di camminare per casa e il paraippocampo, zona del cervello che riconosce i cambiamenti nello spazio, risponde (azione volitiva) allora il paziente si trova in stato di minima coscienza.


E se il talamo è danneggiato?

Il talamo è la “centralina” del cervello dove passano tutte le informazioni. In una persona in coma quindi non è attivo. Tuttavia, esiste una tecnica non invasiva in grado di stimolare il talamo per mezzo di ultrasuoni a bassa intensità focalizzati. Quindi, senza un intervento chirurgico, è possibile iniettare energia attraverso un trasduttore immerso in acqua che provoca piccole vibrazioni e risveglia il talamo. Il professore insieme alla sua equipe, ha eseguito la tecnica su pazienti in coma e ben 3 su 4 hanno mostrato segni di recupero, benché minimo.


“La teoria sulla coscienza cambierà la situazione della medicina e troveremo le risposte che mancano.”, conclude l’incontro il professor Monti.


di Elisa Carpentieri.

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