Non uccidere
- Li majo libri
- 15 apr 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Nel libro “Non uccidere” edito da Guerini e Associati, pubblicato nel 1998, sono esposte le ragioni religiose, morali, umane, per dire no alla pena di morte.

Un libro di riflessione, portavoce della grande campagna internazionale di Amnesty International che ha per obiettivo la sospensione di tutte le condanne a morte nel 2000. Nel capitolo “Una vendetta di stato” di Pierre Sané, segretario generale dell’Amnesty International, risponde alle domande che si
fanno spesso molte persone.
Una convinzione molto diffusa infatti è che la pena di morte sia un ottimo deterrente per il crimine, cosa del tutto falsa come ci racconta anche Charles Dickens quando, inviato dal suo giornale ad assistere ad un impiccagione, vide commettere lo stesso reato per cui fu ucciso il condannato ad altri: il borseggio.
Un altro esempio che smentisce la funzione di deterrente è il fatto che le esecuzioni invece che diminuire sono sempre in aumento come nell'Arabia Saudita: nel 1996 furono registrate 69 morti per esecuzioni, nel 1997 passarono a 107, quasi il doppio dell’anno precedente.
Un’altra convinzione è che la pena di morte venga richiesta dall'opinione pubblica, da gente ordinaria. È vero che ci sono parecchie persone che lo approvano come atto di giustizia ma molti di loro non sono ben informati rispetto a ciò che essa comporta. Non sanno dell’agonia dei lunghi anni nel braccio della morte in cui ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.
Si pensa inoltre che l’esecuzione sia un’ottima punizione per il colpevole. Ma per quali reati una persona dovrebbe perdere la propria vita? Per una protesta non violenta, come successe in Nigeria? O per aver rubato del bestiame o delle motociclette come in Cina? Per non parlare di quando i condannati si rivelano innocenti: negli Stati Uniti almeno 350 persone sono state condannate a morte
per crimini che non avevano commesso.
“La pena di morte è l’unica pena efficace contro la violenza politica” dicono alcuni senza sapere che tale procedura crea, nella maggior parte dei casi, un martire che verrà imitato per anni.
Inoltre i politici che pensano di essere dei duri utilizzando la pena di morte per porre fine ai crimini dimostrano soltanto che non sono stati in grado di cercare soluzioni serie. Per non parlare del fatto che a volte viene anche utilizzato come metodo di repressione politica, un metodo per ridurre al silenzio l’opposizione.
Analizziamo pure i colpevoli di reati connessi con la droga: chi viene arrestato sono spesso o i tossicodipendenti o i piccoli spacciatori, e non chi diventa ricco e potente a causa del traffico di stupefacenti. Ciò di cui hanno bisogno sono di centri di riabilitazione e rieducazione e non di essere uccisi essendo soltanto delle piccole pedine in mano dei “grandi” capi.
Quando parliamo di pena di morte dobbiamo anche pensare ad una cosa: come vivono i condannati a morte. Molti vengono “semplicemente” rinchiusi in una cella senza letti o gabinetti o anche luce, in luoghi dove il rispetto per gli altri
essere umani non esiste, senza compassione e con molta crudeltà.
E se ci pensiamo, noi, condannando una persona a morte, non diventiamo degli assassini come l’imputato? Perché alla fine ciò che facciamo è la stessa cosa: l’unica differenza è che il nostro è omicidio legalizzato, ma sempre una vita togliamo e una famiglia in lutto creiamo.
E i ragazzi? I giovani che commettono un reato quando ancora non hanno compiuto i 18 anni, anche loro possono essere messi a morte? Giovani che molto probabilmente hanno vissuto vite difficile sin da piccoli, non dovrebbero avere l’occasione di crescere, maturare e di comprendere gli errori commessi?
Infine concludiamo dicendo che chi alla fine si salva da questo “deterrente” sono i ricchi che raramente vengono giustiziati, dal momento che sono in grado di pagare ottimi avvocati.
Quando Amnesty International iniziò il suo programma, nel 1979, 40 paesi avevano abolito la pena di morte ma 122 mantenevano e usavano praticavano la pena capitale; nel 1998 queste cifre erano rispettivamente 99 e 94. Si spera che andando avanti progredisca la consapevolezza che la pena di morte non è la soluzione giusta.
di Carolina Llerena.
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