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  • Immagine del redattoreLi majo libri

Un viaggio indimenticabile

18/02/2018


Finalmente oggi si parte!

Da quando abbiamo dato le autorizzazioni per il viaggio non vedevo l’ora di partire, facevo il conto alla rovescia e ogni giorno controllavo il meteo di Cracovia.

Non ho fatto altro che fantasticare su questo viaggio: ora e’ arrivato.

In questo campo scuola voglio divertirmi e passare del tempo con la mia classe, dal momento che non siamo tanto uniti, e questo tipo di gite serve anche a questo no? A rafforzare i rapporti tra noi.

Riguardo Auschwitz…il mio pensiero lo formulerò solo vivendo.

Ora finisco di preparare le valigie che tra poco devo stare all’aeroporto.


19/02/2018


Ieri sera ero troppo stanca per continuare a scrivere com'è’ andato il volo e tutto il resto.

In aeroporto c'è’ stato il primo casino: l’impiegata al bancone aveva fatto presente che la mia valigia e quella di Alessandro erano troppo grandi, in realtà’ la mia era perfetta e infatti poi non ci sono stati problemi per l’imbarco.

Durante il volo ho avuto un po’ paura, come ogni volta che viaggio senza papa’, però visto che non ero l’unica, siamo stati tutti insieme a chiacchierare per distrarci.

Alla fine, scesi dall’aereo eravamo contentissimi soprattutto perché’ faceva meno freddo di quanto pensassimo.

L’hotel è grande e accogliente, io e Carlotta ci siamo sistemate in camera e poi siamo scesi tutti a cenare.

Dopo cena abbiamo fatto una passeggiata, senza andare troppo lontano perché’ eravamo stanchi.

Oggi invece abbiamo visitato bene quasi tutta la città’: il castello, molte chiese, la piazza centrale e il quartiere ebraico.

La citta e’ molto colorata, ovunque vai la attraversano delle carrozze con i cavalli, le strade sono grandissime ed e’ pulitissima.

E’ stato tutto bellissimo. Inoltre non c’era una nuvola nel cielo e la temperatura era perfetta.

Ora ci stiamo riposando in camera, stasera si esce e domani... Auschwitz.


20/02/2018


Questa giornata non la dimenticherò mai.

Prima di arrivare già’ sapevo cosa avrei visto perchè a scuola ne avevamo

parlato tanto e la visita non mi spaventava ne’ mi preoccupava, anzi ero curiosa ed eccitata di poter finalmente vedere ciò’ di cui avevamo tanto parlato.

Quando siamo arrivati abbiamo visitato prima Auschwitz 1 e poi siamo andati a Birkenau.

Auschwitz 1 mi ha sconvolta.

Il mio pensiero fisso mentre camminavamo tra i blocchi era che avevo freddo, io, coperta dalla testa ai piedi, più’ di due strati di maglioni e avevo freddo; e pensavo che non ne avevo diritto, mi sentivo come se stessi mancando di rispetto a loro, tutti gli ebrei e i deportati che sono morti di freddo perché’ a proteggerli dalla neve e dal vento ghiacciato era solo una insignificante divisa a righe spesso troppo larga e piena di buchi.

Nel primo blocco che abbiamo visitato c’erano delle foto, alcune scattate dai nazisti e altre da ebrei.

Nella foto che mi ha colpito di più’, tutti gli ebrei stavano vicino al treno da cui erano appena scesi e i tedeschi li avevano ‘smistati’: donne e bambini da una parte e uomini dall'altra.

Ho pensato a tutte quelle famiglie che si sono divise, non sapendo cosa sarebbe successo o se si sarebbero mai rivisti.

Molte famiglie ebree si sono consegnate ai nazisti perché’ uno di loro lo avevano già’ preso, per non separarsi e stare insieme, e poi dopo un devastante viaggio in treno sono stati divisi per sempre.

Immaginavo i pianti dei bambini e le mamme e i papà’ che cercavano di fingersi tranquilli per loro.

Le famiglie non possono essere divise. Questa e’ stata una delle crudeltà peggiori che i tedeschi abbiano fatto nel campo. Soffrire e pensare che quella stessa tortura la sta vivendo tutta la tua famiglia e tu non puoi fare niente.

Altra foto scattata di nascosto mi ha fatto riflettere ritrae una vera montagna di cadaveri.

E ho pensato a tutti i negazionisti che sostengono che non ci sia mai stato l’olocausto.

E allora tutte quelle vite spazzate via senza motivo? Tutte quelle famiglie divise? E i sopravvissuti?

Gli errori fanno parte della storia umana e tutti noi dobbiamo ricordare per non rifarli più’.

Non so bene perché’ alcune persone vogliono negare questa tragedia, so solo che non e’ giusto, ed ora e’ compito di tutti noi che abbiamo camminato in quei campi, che abbiamo visto quelle foto, che abbiamo visto i resti dei forni crematori e delle camere a gas, che abbiamo visto dove dormivano e dove venivano uccisi gli ebrei, ricordarlo a tutti, ricordare fino a che punto può’ arrivare l’uomo.

Il blocco numero 5 è’ stato quello che mi ha segnata di più.

Abbiamo visto oggetti che appartenevano ai deportati: protesi, utensili da cucina, occhiali, valigie, scarpe, vestiti e addirittura i loro capelli.

Vedere tutto ciò’ mi ha particolarmente colpita perché’ quando senti tanto parlare di qualcosa, quando vedi foto e video, e’ come se nella tua testa quei racconti diventassero una sorta di film, lontano da te e dalla realtà’ concreta.

E vedere quegli oggetti così comuni nella nostra vita, e pensare che appartenessero a tutti coloro che ora sono tutti morti, ha trasformato l’idea di un Auschwitz prima così lontana da me in una realtà fin troppo vicina.

Non ho pensato più’ ai “milioni di ebrei morti”, ma al proprietario di quelle scarpe morto, a chi aveva quegli occhiali tondi torturato, a chi indossava quella camicia fucilato e a chi aveva quei capelli portato via dalla sua famiglia.

Sono proprio i capelli che mi hanno stravolta: quando sono entrata nella stanza mi batteva forte il cuore e mi bruciavano gli occhi, quando poi ho visto quella montagna di capelli ho iniziato a piangere e sono uscita, non ho neanche finito di percorrere la parete.

Erano così tanti.

Dopo siamo entrati in un’altra sala dove c’erano dei vestiti e al centro c’era una piccola teca, e all’inizio non riuscivo a vedere cosa ci fosse dentro perché’ era circondata da persone più’ alte di me. Però poi ho sentito la guida dire che lì c’erano dei vestitini che appartenevano ad alcuni bambini.

Sono uscita, senza neanche vederli.

Mi è venuto in mente il calzino di mio fratello che mi porto sempre in giro e che avevo portato anche li.

La cosa che mi fa piu’ rabbia e’ pensare proprio ai bambini, così ingenui e inesperti del mondo. Molti sicuramente non sapevano neanche cosa significasse essere ebrei o cristiani, eppure sono stati uccisi insieme a tutti gli altri.

Se fossero nati anche solo pochi anni più’ tardi, magari uno di loro sarebbe diventato un nuovo genio della scienza moderna, o un poeta o un cantante o semplicemente un adulto.

La cosa che mi fa stare un po’ meglio e’ sapere che quando i nazisti gli dicevano che sarebbero andati a fare una doccia ci credevano; però è vero che i bambini sono ingenui ma non stupidi, capiscono quando qualcosa non va.

E se quando nella camera a gas la prima a cedere e’ stata la mamma, avranno vissuto qualche minuto nel terrore più’ totale nel vederla a terra che non rispondeva ai loro richiami.

Come si e’ arrivati a creare una macchina del terrore, o meglio della morte, di questo calibro? Non riesco a concepire come un nazista guardando negli occhi un bambino abbia potuto dirgli ‘tranquillo e’ una doccia’ per poi ucciderlo: come hanno potuto guardarlo negli occhi e mentirgli? Forse semplicemente perché’ quegli occhi non li hanno mai guardati.

I nazisti sono stati anche dei codardi.

Nel blocco successivo siamo passati lungo un corridoio con le pareti piene di foto, sembravano delle foto segnaletiche.

Tutti gli ebrei fotografati indossavano la divisa e avevano i capelli corti, sotto ogni foto c’era scritto il nome e il cognome, la data di nascita e la loro professione, quella che hanno dovuto abbandonare.

Tra questi, c’era un ‘teacher’. Un maestro che insegnava ai suoi studenti la storia passata, inconsapevole che la sua morte e quella di tante altre persone come lui stesse scrivendo la storia del presente che sarà’ insegnata per sempre da tutti i maestri, in tutte le scuole.

Dopo essere passati per il ‘muro della morte’ dove i prigionieri venivano fucilati e aver fatto un minuto di silenzio siamo andati nel blocco delle prigioni, come se tutto Auschwitz non lo fosse già’.

Mi ha toccato molto la storia di Maximilian Kolbe, prete polacco che si e’ voluto sacrificare al posto di un giovane padre di famiglia, ed lo ha sostituito nella prigione, rimanendo chiuso nella cella senza bere e mangiare aspettando di morire.

Contrariamente alle aspettative, dopo qualche settimana era ancora vivo, così i tedeschi hanno deciso di ucciderlo con una iniezione letale.

Al campo di sterminio invece abbiamo visto i resti delle camere a gas e dei forni crematori.

I nazisti, anche se può’ sembrare paradossale, sono stati dei geni nella loro crudeltà’.

Poichè uccidere a fucilate risultava molto più lento e alcuni nazisti potevano rimanerne scossi - come se avessero ancora un po di umanità’ – si è fatto ricorso alle camere a gas.

Le camere a gas hanno reso tutto più’ facile, in assenza di sangue, solo dei corpi che cascano per terra ‘addormentati’; spesso non erano neanche i nazisti a immettere lo ZiKlon b, come se volessero togliersi quella responsabilità’.

D’altronde hanno anche distrutto la struttura muraria delle camere a gas prima dell’arrivo dei russi perché non volevano lasciare tracce dei loro crimini.

E’ una reazione che mi ha lasciato perplessa: se fossi veramente un “cattivo” senza umanità’, sicuro e soddisfatto delle mie azioni coerenti con la mia ideologia, lo farei vedere a tutti e mi prenderei il merito.

Invece no: forse perché alla fine anche loro erano semplicemente uomini, non malati o pazzi come vengono definiti da alcuni.

Magari ognuno di loro era un padre di famiglia, che prima di andare al lavoro salutava i figli e dava un bacio in fronte alla moglie.

Se e’ cosi però, come giustificare il loro comportamento tanto disumano? forse semplicemente non va giustificato, ma anche se una motivazione razionale ci deve pur essere a tutto questo, ma ancora non l’ho trovata. Forse spero di non trovarla mai perchè è una verità che mi fa paura.

I deportati erano costretti a lavorare duramente tutto il giorno, con poco cibo e poi una breve notte nelle baracche per poi ricominciare.

Dopo una lunga giornata di lavoro tutti hanno bisogno di mettersi nel proprio letto caldo e dormire, loro invece non potevano: il letto non era il loro, non era caldo e non so quanto riuscissero a dormire. Forse si addormentavano per sfinimento, in ogni caso probabilmente quello che desideravano era addormentarsi e risvegliarsi in un luogo tranquillo e accogliente con la loro famiglia riunita.

Camminando nei dormitori, ho visto incise sui muri delle scritte, dovuto non ai prigionieri, ma a turisti come noi che invece di pregare o semplicemente pensare a tutte quelle vittime e ringraziare il cielo per la bella vita che abbiamo, si sono preoccupati di incidere il loro nome sul legno.

Una mancanza di rispetto ancora maggiore se si pensa al fatto che i deportati erano costretti per salvarsi a tradurre il loro nome in un numero.

Venivano trattati come delle nullità’ più’ assolute, non avevano diritto di niente, neanche di definirsi persone.

Eppure adesso tutte quelle ‘non-persone’ sono ricordate come degli ‘eroi’ che hanno sopportato tutto questo, mentre i carnefici, che avevano una personalità’ tanto chiara e determinata, ora non sappiamo neanche come definirli.


21/02/2018


Oggi Francesca fa 18 anni, così ieri sera dopo la visita ad Auschwitz siamo usciti insieme alla professoressa e alle altre classi per andare a bere qualcosa e aspettare la mezzanotte.

A Francesca e’ dispiaciuto non passare il diciottesimo a casa con i suoi amici però abbiamo fatto di tutto per farla divertire e stare tutti insieme ed e’ stata comunque molto contenta.

Abbiamo fatto abbastanza tardi e oggi durante la visita alle miniere di sale eravamo tutti stanchi ma soddisfatti.

Le miniere sono state molto belle: si dice che chi le visita viva due settimane in più’…speriamo bene!

Ad un certo punto abbiamo anche leccato un muro per assaggiare il sale: era buono! e’ stato divertente ma anche abbastanza strano.

Il pomeriggio era libero e io ho cercato di convincere la classe ad andare insieme a pattinare; alla fine sono riuscita a portarmi dietro solo Luca, Francesco, Carlotta e Francesca.

Dopo aver pranzato in un ristorante, arrivati alla pista di pattinaggio, abbiamo scoperto che era chiusa. Mi e’ dispiaciuto averli trascinati lì però’ sono stata contenta che loro mi abbiamo seguito.

Questa è’ stata l’ultima serata quindi siamo stati tutti insieme anche con le altre due classi fino a tardi, ed e’ stata la sera più’ bella e divertente.

Domani mattina si riparte…


22/02/2018


Questa mattina il risveglio e’ stato traumatico, eravamo tutti così stanchi che non siamo nemmeno più’ andati a fare colazione da Starbucks come avevamo previsto.

Per la prima volta da quando siamo arrivati ha nevicato, così siamo tutti usciti.

Mi piace tanto stare sotto la neve, mi ha messo tranquillità’ con la calma placida dei suoi fiocchi.

Qui a Roma non nevica mai e forse è per questo che la neve mi piace tanto. Sicuramente la maggior parte dei polacchi la odia…

Il volo di ritorno è stato peggiore del primo e qualche turbolenza mi ha fatti un po’ paura, però mi veniva da ridere perché’ accanto avevo Luca e Francesco: uno aveva piu’ paura di me e l’altro dormiva.

Quando sono tornata a casa nonna mi ha cucinato l’amatriciana: ci voleva dopo aver mangiato solo zuppe e carne…

Questo camposcuola ha superato le mie aspettative, abbiamo legato molto e siamo stati sempre tutti insieme.

Adesso si ritorna alla vita normale, ma speriamo che legame tra noi continui a rafforzarsi.


di Silvia Pici.

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